Un’altra scuola è possibile?
Il 23 maggio Sonia Coluccelli, maestra, mamma e formatrice ci ha presentato varie esperienze di pedagogia in Italia, partendo dalla sua presa di coscienza della necessità di un’altra scuola.
Si è parlato di un rinato interesse per una scuola che, anzichè omologare gli alunni su standard e programmi predefiniti, stimoli la creatività, valorizzi la diversità e metta il bambino al centro del processo educativo. E di come invece le nuove riforme della scuola statale parlino solo di cambiare la struttura organizzativa senza mai citare i bambini o il metodo di insegnamento.
Sonia ha insistito sull’importanza della comunicazione tra scuola e famiglia, e di come sarebbe importante che l’insegnante spiegasse il proprio approccio educativo alla famiglia per evitare incomprensioni e non entrare poi in conflitto. Sarebbe bello che ogni insegnante impostasse la comunicazione con i genitori spiegando il proprio metodo: un semplice “io faccio così perchè…” aprirebbe un dialogo sull’intenzionalità educativa ed eviterebbe che la forbice scuola-famiglia si apra sempre di più. Spesso, infatti, il tentativo della famiglia di entrare nella scuola è visto come un’invasione di campo, o un voler giudicare il lavoro dell’insegnante, mentre una sana comunicazione tra i due nuclei fondamentali dell’educazione stabilirebbe un equilibrio a vantaggio dei bambini.
Oltre alla proposta Montessori, che sta conoscendo una forte rinascita anche in molte scuole pubbliche in Italia, ci sono esperienze come Senza zaino, partita in scuole pubbliche toscane ed ormai diffusa in tutt’Italia (www.senzazaino.it), alcune scuole libertarie, le più conosciute Steiner e la possibilità dell’homeschooling. Riguardo alle questioni legali, la costituzione afferma che i genitori devono assicurare l’istruzione dei figli ma non si parla di obbligo scolastico; sono invece previsti degli esami da sostenere per poi ottenere il titolo.
Ci si è chiesto infine se vivere queste esperienze porti poi i bambini ad avere difficoltà di inserimento nella scuola tradizionale, e se certamente faranno fatica ad adattarsi a metodi completamente diversi, il bagaglio che si porteranno dietro li aiuterà certo a pensare con la loro testa.
(Un’altra scuola è possibile?, Sonia Coluccelli, Il Leone Verde, 2015)
Disegno, poesia, fiabe e benessere
L’incontro con Mario Bolognese. il 5 giugno, è stato molto più filosofico ed “esperienziale”, ci ha fatto tornare bambini e dimenticare per qualche ora gli impegni e le preoccupazioni che normalmente occupano la nostra mente: abbiamo disegnato, sentito, immaginato… tutte cose che crescendo abbandoniamo in favore della razionalità e dell’organizzazione.
Attraverso il disegno Mario ci ha portato a sperimentare come le emozioni non siano astratte bensì siano dei paesaggi, e come il disegno sia uno strumento per recuperare il contatto con l’universo.
La cultura patriarcale ha messo in un secondo piano i sensi intimi (tatto, gusto, olfatto) che ci collegano ad esso de ha identificato le emozioni con la debolezza. La poesia è spesso la connessione tra il dentro (nella pancia) e il fuori (astrazione), appartiene alla vita e non è qualcosa di intellettuale. Con questi strumenti possiamo tornare nel mondo dei bambini dove si vedono e sentono cose che noi adulti non sentiamo.
La fiaba ha un legame strettissimo con animali, natura e cosmo e con simboli che abbiamo interiorizzato da millenni, gli archetipi, che toccano corde che non fanno riferimento alla razionalità o alla memoria personale. Per questo le fiabe sono momenti di rottura dell’individualità, (a differenza delle favole, ideate da qualcuno e con una morale) sono legate al mondo onirico e traducono le immagini in concetti. Questi simboli sono immagini aperte che fanno sognare, al contrario dei segni che sono invece immagini che vogliono farci pensare a qualcosa in concreto. (Donne che corrono con i lupi, C.Pinkola Estés, 1992)
Abbiamo anche affrontato gli stereotipi che spesso vengono presentati del principe azzurro/principessa e di come invece si possa rafforzare il propio genere senza offrire un modello televisivo. Mario ha insistito anche sull’importanza del lessico parlando sempre di bambine e bambini, spesso dimenticate (Dalla parte delle bambine, E.Gianini Belotti, 1973), e di ridare dignità ad un’altra grande dimenticata che è la notte: ha parlato di una pedagogia troppo diurna e della necessità di un’educazione del regime notturno, presentando la notte come bella e amorosa e non come qualcosa di cui avere paura.
Per raccontare storie ai bambini ci ha consigliato di inventare in base alle emozioni del momento (che i più piccoli colgono al volo) o di attingere al patrimonio di fiabe magari trasformandoci in protagonisti e di non dimenticare i racconti dei nostri antenati.
(Valeria)